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lunedì 27 febbraio 2012

Rubini direttore Enit : Monti non può mettermi un tetto allo stipendio

Rubini di Enit: Non ci sto.
Dicono che per legge l’auto blu non mi spetta, ma quelli prima di me ce l’avevano l’auto blu e io che sono un personaggio ugualmente importante, direttore generale dell’Ente del turismo, devo essere da meno?
Al telefono con il Fatto Quotidiano ragiona così Paolo Rubini, direttore dell’Enit, considerato un manager molto vicino all’ex ministro del turismo, Michela Vittoria Brambilla.
Nonostante la direttiva governativa numero 6 del 2010 e l’articolo 2 del decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 3 agosto dell’anno passato abbiano individuato nel dettaglio quali sono gli alti dignitari pubblici ad aver diritto a un “auto di servizio” e in questa schiera di eletti lui non ci sia.
Rubini non ha voluto sentir ragioni.
E tutti i giorni gira su un’auto blu con autista, noleggiata da un’azienda privata, la Nazionale società cooperativa.
A spese dell’Enit, naturalmente, cioè a spese dello Stato, cioè a spese di chi paga le tasse.

IL FATTO è entrato in possesso delle fatture per il noleggio, cifre salate: 5.470 euro il 22 dicembre 2011, per esempio; 4.081,20 un mese prima; altri 4.574,60 il 21 ottobre.
Rubini non molla: “Quell’auto non è a mia esclusiva disposizione”.
Gli facciamo presente che dalle fatture risulta che la usa tutti i giorni.
Lui ribatte: “C’è una bella differenza tra uso esclusivo e uso quotidiano”.
Mah?
Questa dell’auto blu, costi quel che costi, non è l’unica stramberia che sta uscendo dal mazzo di carte della gestione Enit.
Da un paio di mesi negli uffici dell’ente, nella palazzina liberty di via Marghera, a un passo da Termini a Roma, è in corso un’ispezione ordinata dal Ministero del Tesoro.
E ne stanno venendo fuori di tutti i colori.
Dal rifiuto di pagare il contributo di solidarietà stabilito dalla legge per quei manager pubblici che guadagnano più di 90 mila euro all’anno, alla decisione di affittare una lussuosa sede senza gara, come fosse un’eredità di famiglia e non un bene dello Stato, alle bollette mozzafiato dei telefonini dei dirigenti.
Sta emergendo, insomma, come all’Enit di Rubini si considerino una specie di realtà a sé stante, la Repubblica autonoma del turismo.
Anche la storia dei telefonini è probabilmente figlia di questa bizzarra visione uotonomista.
Per stipulare contratti di telefonia, gli uffici pubblici passano in genere per la Consip, società pubblica che indice le gare e sceglie i fornitori.

Anche all’Enit avevano un contratto del genere con Tim, con un codice per distinguere le telefonate di servizio da quelle private.
Ma l’hanno disdetto per far posto a Vodafone.
“Costa di meno”, precisa Rubini.
Ma a leggere le bollette vengono i dubbi.
Ce n’è una relativa al bimestre 24 luglio/23 settembre 2011 davvero esagerata: 54.195,40 euro per un numero di chiamate e sms che occupano la bellezza di 10 pagine di allegati.
“Colpa di un virus, Vodafone ha riconosciuto l’anomalia e stornato le somme”, incalza Rubini.
Ma anche le altre bollette “normali” presentano totali ragguardevoli.

Pure le vicende dell’affitto della dependance in via Magenta a Roma è assai curiosa.
Anche in questo caso c’è una legge precisa che regola la materia, una norma vecchia, ma tutt’ora in vigore: il Regio decreto del 18 novembre 1923.
Ancora una volta all’Enit, però, hanno fatto a modo loro.
Rubini ha ignorato le valutazione dell’Agenzia del Territorio e incaricato della faccenda un privato, l’ufficio Roma Centro di Stima Casa a cui ha pagato una parcella di 21.780 euro.
Poi senza gara ha affittato l’immobile come fosse roba sua.
Il contratto è stato firmato il 3 gennaio e la scelta è caduta sulla Federazione russa presso l’Onu (presso la Fao) a Roma.
Importo del canone, 30 mila euro al mese per 1.200 metri quadrati, più cortile di 415 metri quadrati, più dependance di altri 75 metri quadrati.
Soddisfatto forse di questo risultato, Rubini l’ha preso come uno sgarbo personale che lo Stato gli chiedesse il contributo di solidarietà previsto dal decreto Salva Italia di Monti, il 5 per cento sulle somme eccedenti i 90 mila euro l’anno e il 10% su quelle oltre i 150 mila.
Applicando la legge, il direttore del personale, Marco Montini, gli aveva trattenuto 4.492,36 euro sulla tredicesima e 1.307 euro sullo stipendio di dicembre.

Non l’avesse mai fatto: Rubini l’ha fulminato con un richiamo disciplinare.
Ovviamente Montini ha reagito facendo ricorso e allora Rubini si è rivolto alla Ragioneria generale dello Stato per avere un parere definitivo.

Arrivato il 9 febbraio a firma del del Ragioniere generale, Mario Canzio, che ha dato totalmente torto a Rubini ribadendo che il contributo i dirigenti pubblici lo devono pagare.
In più ha ricordato al direttore generale dell’Enit che per gli interim che si è auto assegnato (le sedi del Giappone, di Francoforte e la direzione Organizzazione) non può pretendere un euro di più.
Lo stipendio che prende basta e avanza.

Di Daniele Martini (Il Fatto Quotidiano) pagina 12

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