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sabato 18 dicembre 2010

Lavoro ICT 2010-2011: stipendi, contratti, formazione e professionalità richieste in Italia.

Come si evolve la crisi tra le aziende IT in italia? Chi sono i lavoratori all'interno del panorama IT che guadagnano di più? Gli stipendi aumentano o diminuiscono? Ecco il commento sui dati raccolti da un'analisi di Assintel.La crisi degli ultimi anni ha avuto come primo effetto immediato la crisi occupazionale in Italia, che ha toccato ogni settore e provocato tagli al personale di ogni tipo di impresa. Uno studio promosso da Assintel ha messo in evidenza i profili professionali ‘privilegiati’ nell’IT e la situazione per quanto riguarda retribuzioni e formazioni.

Dagli ultimi dati 2010 dell’Osservatorio dei profili professionali nell’IT promosso da Assintel (Associazione Nazionale Imprese Servizi Informatica Telematica Robotica Eidomatica) è emersa una situazione di crisi generalizzata. Fabio Rizzotto, research director IT di IDC Italia, ha spiegato che “Il mercato è guidato da una serie di trasformazioni e relativamente alle sue forme innovative stenta ancora a trovare un riavvio. Le innovazioni, che pur esistono, non riescono a fare sistema. Si parla di cloud, mobile, ma sono tutte trasformazioni che devono però confrontarsi con logiche tradizionali”.

L’analisi sul settore dell’IT italiano, evidenzia come molte imprese siano impegnate nella ricollocazione delle figure e come sia anche aumentato il popolo delle partite IVA. Sul fronte occupazione, invece, nel 2010 si è assistito al perdurare di una situazione di sofferenza della componente lavoro dipendente sul totale addetti (-0,9%) e a una crescita di quella flessibile (+1,4%) e delle partite IVA (+0,8%).

Giorgio Rapari, Presidente di Assintel, ha effettivamente spiegato il fatto che “Ci troviamo di fronte ad una sfida epocale: essere capaci di autoriformare il contratto di lavoro per dare risposte utili alle imprese e ai lavoratori o altrimenti si rischia di rimanere ancorati a logiche che non rappresentano culturalmente i nuovi settori legati all’innovazione e alla tecnologia”. Mentre, dunque, ci si chiede come poter fare per gestire al meglio le competenze ed inquadrarle in maniera tale che esse, in ogni singolo individuo, diventino una forza di crescita e sviluppo per l’azienda c’è anche da dire che calano gli investimenti in formazione del 4,4% e solo il 22% delle imprese prevedono percorsi di valutazione del personale, favorendo una sorta di valorizzazione delle risorse.

Ciò significa che formazione e percorsi di crescita sono alcune delle maggiori criticità rilevate all’interno del sistema impresa, tra tagli indiscriminati e la mancanza di una cultura di valorizzazione dei talenti. Per quanto riguarda le retribuzioni, in Italia si è registrata una crescita media contenuta sul lordo che conferma il blocco di molte imprese su questo versante. Le retribuzioni nelle aziende IT rimangono ferme per tutto il 2010 nel 90% del campione analizzato da IDC, con valori medi di crescita inferiori al +1,5% (sfioravano il +3% lo scorso anno), dovuti quasi esclusivamente agli aumenti programmati dai Contratti Collettivi di Categoria.

Le peggiori performance spettano ai lavoratori atipici (+1,1%), le migliori ai I livelli del Terziario (+1,6%). Nella categoria impiegati è il key account manager con 35.116 euro all’anno ad aggiudicarsi il primo posto per stipendio, mentre il web developer/master con 22.850 euro è nelle ultime posizioni. Meglio per quanto riguarda le retribuzioni dei quadri, dai responsabili commerciali IT, che guadagnano 57.459 euro anni, agli analisti coordinatori (46.150 euro). Infine, tra i dirigenti la busta paga migliore quella degli IT manager (102.727 euro) mentre quella peggiore è del Project Leader (75.460 euro). Continua per il resto la flessione delle tariffe professionali IT: record negativi per i programmatori (-3%) e i capi progetto (-5%). Ricordiamo, inoltre, che le retribuzioni sono diverse a seconda dell’area geografica considerata: gli impiegati del Nord percepiscono, infatti, stipendi in media superiori del 19% rispetto alle regioni meridionali e insulari, mentre guadagna di più chi lavora in aziende di più grandi dimensioni.

Fonte:
http://www.businessonline.it/3/LavoroeFisco/2770/Lavoro_ICT_2010-2011_stipendi_contratti_formazione_e_professionalit%C3%A0_richieste_in_Italia.html

giovedì 16 dicembre 2010

Italia e lavoro: Repubblica di collaboratori

Nella terza edizione dell'Osservatorio Assintel crescono forme contrattuali "più flessibili" a discapito delle assunzioni. Fra retribuzioni congelate e formazione in caduta libera, se la passano peggio donne, programmatori e capi progetto.

Antonella Camisasca

15 Dicembre 2010

Così com'è scritto, l'incipit dell'articolo 1 della Costituzione italiana lascia ampio spazio all'interpretazione. Quando recita che “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” non specifica con quale tipo di contratto. Peccato che, prestato ascolto ai risultati della terza edizione dell'Osservatorio dei profili professionali nell'It, promossa da Assintel, il trend che ne emerge parla di uno spostamento, sempre più evidente, verso forme contrattuali giudicate “più flessibili” ma certamente meno stabili, come contratti a progetto, per partita Iva e stage, a discapito di assunzioni a tempo indeterminato.

Ma l'aspetto della gestione delle risorse umane è solo uno dei temi trattati nell'Osservatorio promosso dall'Associazione nazionale imprese Ict, in collaborazione con Aica, Gi Group, Idc, itSmf e Od&m, e con il contributo della Camera di Commercio di Milano. Tant'è che, a far infervorare il presidente Assintel, Giorgio Rapari (nella foto), che al posto di “risorse umane”, preferisce parlare di “talenti”, è ben altro. «Considerando che la produzione di conoscenza innovativa è il vero asset dell'industria Ict - è la sua instancabile denuncia -, la corsa al ribasso delle tariffe sta minando il concetto stesso di qualità dell'offerta».

Peccato che, dal punto di vista dell'impatto della crisi economica sulle risorse umane, lo spaccato Assintel aggiornato al 2010 parla di retribuzioni che, nel 90% del campione indagato da Idc, risultano ferme e con valori medi di crescita che, se nel 2009, sfioravano il 3%, ora non superano l'1,5%. Ma non solo. Nelle 181 aziende che hanno contribuito all'indagine (90% indipendenti di medio-piccole dimensioni, 6% appartenenti a un gruppo nazionale e 4% a una multinazionale estera), la formazione è ulteriormente crollata del -4,4% risultando, nel 77% delle aziende sotto i 20 dipendenti, del tutto assente.

In tal senso, «tagliare la formazione, procrastinare lo sviluppo di processi strutturati di valutazione del personale, evitare di progettare percorsi di carriera e scegliere di non puntare sull'evoluzione delle conoscenze, vuol dire bruciare i propri asset strategici» ammonisce Rapari. Ma tant'è. Come ha fatto notare il research director It di Idc Italia, Fabio Rizzotto, speculare all'erosione occupazionale delle forme contrattuali tradizionali e alla crescita dei contratti atipici (passati dal 14% del 2009 all'attuale 22% dell'intero campione), le ditte individuali sono cresciute del 2,4% a fronte del rallentamento riportato dalle società di capitale (-0,9%) e della moria delle società di persone (-2,4%).

In un siffatto quadro, sono davvero pochi a stupirsi di come, ancora una volta, anche nelle aziende It si confermino retribuzioni sistematicamente inferiori per le donne. Una rassegnazione che diventa sdegno, quando Rizzotto parla di «un divario del 22% per i dirigenti, del 7% per i quadri e del 6% per i dipendenti» e di un «calo superiore alla media dei contratti da lavoro dipendente (-1,1%) a fronte di una più nutrita crescita (3,9%) degli inquadramenti atipici, che coprono il 27% del campione considerato». In linea, ma “ammortizzato” dal diverso costo della vita, il divario negli stipendi medi fra Nord e Sud.

Così, se nella classifica stilata da Simonetta Cavasin, general manager di Od&m, Key account manager, responsabili commerciali It e direttori dei sistemi informativi registrano - rispettivamente nelle categorie impiegati, quadri e dirigenti -, le migliori performance, a fare le spese dell'ulteriore flessione riportata anche nel 2010, rispetto all'andamento delle tariffe professionali, sono soprattutto figure di basso profilo come programmatori (fermi a 237 euro a giornata) e capi progetto (532 €/g). Lato consulenziale, se la cavano, invece, le tariffe medie per i consulenti master, stabili a 934 €/g, dopo il -6% del 2009.

In tal senso, sottolineando come nei primi otto mesi di quest'anno, il potere di acquisto di dirigenti e quadri sia «rimasto sostanzialmente invariato», è la stessa referente della realtà specializzata in servizi di consulenza direzionale e fornitore di strumenti per valorizzare le risorse umane, a ricordare come, «nel 2010, si sono registrati alcuni segnali di ripresa con un'attenzione forte, all'interno delle aziende, alle politiche retributive, che rimangono una leva importante per attrarre, trattenere e motivare le risorse al proprio interno».

Elementi di riflessione ai quali ci piace aggiungere un ulteriore aspetto, che riguarda il lato democratico dell'It, «ossia - osserva Cavasin - l'impatto coerente tra gli indicatori di performance e l'incidenza del variabile sulla retribuzione fissa». Un elemento estremamente indicativo di un settore, quello It, «che misurando in maniera oggettiva i propri Kpi, realizza una correlazione diretta tra risultati della performance aziendale individuale e variabile percepito». Ma il settore di cui parliamo, sarà bene ricordarlo, è lo stesso che, già ammalato dalla compressione delle tariffe, ha a che fare con la Pa.

«Continuando su questa strada - conclude Rapari - appare impossibile per le aziende del nostro settore pensare di attivare in maniera virtuosa né investimenti, né innovazioni di alcun tipo. In quest'ottica va letto il nostro tentativo di apertura di un tavolo congiunto con altre realtà associative, per arginare fenomeni come l'ultima trattativa a baste d'asta assegnata da Poste Italiane con un ribasso del 70%. Occorre unirsi per difendere un patrimonio di conoscenza e innovazione che, però, deve poter contare su un'appropriata infrastruttura e su misure di concerto per impedire che anche le aziende private adottino i tempi di pagamento del Pubblico».

Fonte:
http://www.01net.it/articoli/0,1254,5_ART_138312,00.html

venerdì 3 dicembre 2010

Italia, Giovani Bye Bye

I giovani sono pochi, saranno sempre meno, non ne attiriamo dall’estero, hanno
difficoltà a trovare lavoro e a fare carriera e non investiamo su di loro. Facciamo il
loro e il nostro male, ma tutto è fermo. Lo denuncia un rapporto di Manageritalia.
- Nel 2020 gli elettori over 50 supereranno gli under e i 20-39enni caleranno di 2,1 milioni
- Il rischio di disoccupazione nel periodo di crisi (2008-2009) tra i giovani (rapporto tra
disoccupazione giovanile e totale) è aumentato del 20% e più che in tutti gli altri paesi
europei
- Non è vero che i nostri giovani più istruiti fuggono dall’Italia, lo fanno nelle stesse
proporzioni degli altri giovani europei. È invece vero che noi non sappiamo attirare
giovani dall’estero e quindi il saldo tra giovani che escono e entrano è in Italia negativo –
1,2%, contro 5,5% della Germania e 20% degli USA
- Si diventa dirigenti a 40 anni
- Avere un padre laureato in Italia permette al figlio di guadagnare in media il 50% in più
rispetto a chi ha un genitore con titolo più basso
- Investiamo solo lo 0,6% nella protezione sociale dei giovani (disoccupazione e casa), contro
una media europea del 2,5%
- Spendiamo per le pensioni (15,5% del Pil) più della media EU (11,9%), mentre per il
sostegno al reddito in caso di disoccupazione solo lo 0,5% del Pil contro una media EU
dell’1,5%
- Spendiamo per l’istruzione il 4,8% del Pil, contro il 6,1% della media Ocse e i nostri
studenti di 15 anni sono tra i meno preparati d’Europa

fonte:
http://crisiesviluppo.manageritalia.it/wp-content/uploads/2010/11/Rapporto-Manageritalia_Italia-Giovani-bye-bye-novembre-2010_definitivo.pdf